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giovedì 31 luglio 2014

La luce che rivela l’eta’ delle ceramiche

 

Negli ultimi anni l’archeologo si avvale sempre piu’ del supporto di ricercatori scientifici. E’ in via di sviluppo sempre crescente infatti, un nuovo settore della fisica: l’archeofisica il cui interesse va dalla datazione di reperti antichi alle tecniche analitiche nucleari che impiegano la radiazione per scandagliare la materia. All’interno di questo sviluppo rientra lo sforzo di numerosi laboratori in tutto il mondo per mettere a punto dei metodi di datazione di reperti fittili archeologici con l’analisi della Termoluminescenza (in breve TL). Come la stessa etimologia indica, si tratta di emissione di luce stimolata termicamente, da parte di materiali cristallini non conduttori, una volta che essi siano stati irraggiati con radiazione (particelle alfa, radiazione beta, raggi gamma, raggi X, ecc.). Per spiegare questo fenomeno, conviene ricorrere ad un modello schematico semplificato.
Quando la radiazione attraversa la materia, la sua energia viene degradata in seguito alle interazioni con gli atomi che incontra lungo il suo percorso: uno degli effetti di queste interazioni e’ la ionizzazione degli atomi, cioe’ la liberazione di elettroni. Questi, una volta liberi, cominciano a vagare all’interno del materiale fino a quando si ricombinano (transizione 1 nella figura sottostante) con cariche di segno opposto (lacune) o vengono intrappolati in particolari imperfezioni della struttura del cristallo (trappole) in cui possono rimanere anche per migliaia di anni (transizione 2 del grafico). Quando si effettua il riscaldamento del materiale, l’energia termica ceduta, permette agli elettroni di sfuggire dalle trappole (transizione 3). Una volta liberi, quelli che si ricombinano con i centri luminescenti (un altro tipo di imperfezione del reticolo cristallino) danno origine ad emissione di luce (transizione 4 e 5), cioe’ a quella che abbiamo chiamato Termoluminescenza.



Questa luce viene raccolta tramite un fotomoltiplicatore e registrata in funzione della temperatura ottenendo cosi una curva chiamata “glow-curve”, che in realta’ e’ costituita dalla sovrapposizione di un insieme di picchi dovuti alle trappole termoluminescenti localizzate a differenti profondita’ e quindi svuotabili a diverse temperature. In generale i picchi a basse temperature sono considerati provenienti da trappole instabili, in quanto poche profonde e quindi svuotabili anche a temperatura ambiente. Per questo motivo nelle misure di datazione si utilizzano solo i picchi ad alte temperature.



L’assorbimento di radiazione aumenta ovviamente il livello di TL osservata in quanto libera elettroni che vengono intrappolati, mentre l’assorbimento di calore dall’ambiente tende a ridurre questo numero. L’intensita’ di TL da un materiale, quindi, e’ il risultato della competizione fra trappole riempite dalla radiazione e trappole svuotate dall’eccitazione termica. Ad una data temperatura di irraggiamento, molti materiali mostrano un’intensita’ di TL che e’ proporzionale alla quantita’ di energia assorbita per unita’ di massa (dose). Grazie a questa proporzionalita’ tra emissione di luce e dose assorbita dal campione che e’ possibile datare un oggetto in ceramica. Passiamo adesso a descrivere il sistema termoluminescente costituito dal materiale ceramico. Quest’ultimo consiste di una matrice di argilla cotta, che contiene piccole inclusioni con diametri fino a qualche millimetro. Tali inclusioni (principalmente quarzo e feldspato) sono molto piu’ sensibili nel produrre TL del materiale della matrice. La matrice di argilla inoltre, contiene minime quantita’ di sostanze radioattive (in media circa 5 parti per milione di Uranio, circa 10 parti per milione di Torio e circa 2 parti per milione di Potassio40) dalle quali vengono emesse in continuazione particelle alfa, radiazione beta e raggi gamma, che liberano elettroni, una parte dei quali viene catturata dalle trappole. Quando l’argilla viene cotta in fornace a 700 gradi tutti gli elettroni intrappolati vengono liberati e da quel momento ricomincia il processo di riempimento delle trappole a causa dell’irraggiamento naturale (dovuto alle impurezze radioattive dentro la matrice di argilla, alla radioattivita’ del suolo in cui e’ sepolto l’oggetto, e in piccola parte ai raggi cosmici), irraggiamento che e’ dell’ordine di 0.01 Gy/anno (Gy e’ il simbolo del gray, unita’ di misura della dose assorbita nel SI. Un Gy e’ pari a 100 rad, unita’ oggi messa al bando). Grazie alla proporzionalita’ tra TL e dose assorbita e all’assunzione che l’irraggiamento naturale sia costante, misurando la TL di un campione di ceramica si ricava la dose totale assorbita e valutando la dose accumulata in un anno si ottiene facilmente l’eta’, tramite il seguente rapporto:

ETA=Dose totale/Dose annua


Una datazione TL consiste quindi, e nella determinazione della dose che il campione ha assorbito nel passato e la dose annua corrispondente. Ovviamente l’eta’ che cosi si determina e’ l’intervallo di tempo che intercorre tra l’ultimo riscaldamento subito dal campione a temperatura sufficientemente elevata da cancellare ogni TL precedentemente accumulata e il riscaldamento effettuato in laboratorio. Prima di passare a descrivere brevemente le tecniche usate per determinare la dose totale e la dose annua, puntualizziamo alcuni problemi inerenti la datazione con TL. Per prima cosa bisogna sottolineare che questa tecnica e’ distruttiva, nel senso che richiede il prelievo e la distruzione di una quantita’ di campione variabile da alcuni grammi ad alcune decine di grammi. Cio’ costituisce, indubbiamente, un problema, ma poiche’ in genere non si data un singolo reperto ma piuttosto uno strato, e’ sempre possibile trovare e sacrificare dei campioni coevi di scarso rilievo estetico. Va sottolineato ancora che non e’ possibile datare con molta accuratezza reperti di cui non si conosca il luogo di provenienza, in quanto per valutare la dose annua con precisione sono necessarie misure effettuate in loco e la conoscenza del contenuto di umidita’ del terreno. In merito all’errore con cui vengono forniti i risultati delle datazioni TL, questo e’ compreso tra il 6% e il 10%, a seconda delle caratteristiche dei campioni, del numero di valutazioni e della precisione con cui vengono effettuate le varie misure. Vediamo adesso come si determina la dose totale assorbita da un reperto dal momento della sua cottura.
 


Una delle tecniche attualmente utilizzate e’ chiamata fine-grain. La ceramica puo’ essere schematizzata a livello microscopico come un insieme di grani di dimensioni diverse, praticamente sferici, e continuamente sottoposti ad irraggiamento uniforme da parte dei radioisotopi naturali presenti al suo interno e nell’ambiente. In essa le particelle alfa, prima di arrestarsi completamente, percorrono qualche micrometro, quelle beta qualche millimetro e i raggi gamma diversi centimetri. Secondo questa tecnica si selezionano i grani di dimensioni tali da venire attraversati da tutti e tre i tipi di radiazione, e si misura in essi una TL che e’ quindi effetto della somma dei tre contributi. Per arrivare, quindi alla misura della dose totale si procede nel modo seguente: una volta preparato un certo numero di campioni, su una parte di essi si misura la TL naturale, mentre sugli altri la TL naturale piu’ la TL artificiale, indotta da dosi artificiali di radiazione beta impartite in laboratorio (β123 ...). Si costruisce cosi una retta come quella mostrato nel grafico qui sotto, ed ipotizzando che la linearita’ osservata valga su tutto l’intervallo si valuta la dose totale o dose beta equivalente, come intercetta sull’asse della dose (indicata con Q nel grafico qui sotto).



Quella che viene indicata nella figura con I(TL) indica il segnale termoluminescente, cioe’ l’area sottesa alle glow-curve mostrate sulla sinistra. Qui di seguito la rappresentazione schematica di un tipico sistema di misura TL.
 



In realta’ non deve trarre in inganno la semplicita’ della tecnica ora esposta, in quanto vi sono tutta una serie di problemi come: la sopralinearita’ delle ceramiche a basse dosi, la validazione del loro fading (fenomeno di svuotamento spontaneo dei picchi di TL), la diversa efficienza delle particelle alfa rispetto alla radiazione beta e gamma nell’indurre la TL, e per ultimo, l’esistenza di TL spuria, cioe’ non indotta da radiazione che va opportunamente eliminata. Per comodita’, conviene scrivere la dose annua D come:
D=Dα+Dβ+Dγ+Dc
cioe’ prendendo in considerazione separatamente i contributi alfa, beta, gamma e dei raggi cosmici. Il contributo delle alfa e delle beta e’ dovuto esclusivamente alle sostanze radioattive presenti all’interno della ceramica, a causa della loro bassa capacita’ di penetrazione, mentre il contributo gamma proviene dall’ambiente circostante per la loro alta capacita’ di penetrazione. Vi sono diverse tecniche per misurare il contributo di queste radiazioni alla dose annua, ma tre sono le piu’ semplici e piu’ usate. Per misurare la dose annua effettiva dovuta alle alfa, si usa la tecnica del “conteggio alfa”: uno strato di campione polverizzato e’ posto su di uno schermo di ZnS(Ag) che a sua volta e’ posto sulla finestra di un fotomoltiplicatore. Ogni particella alfa che colpisce lo schermo produce una scintillazione ( un piccolo lampo di luce) che produce all’uscita del fotomoltiplicatore un impulso elettrico. Dal conteggio delle alfa si puo’ risalire al tasso di dose alfa. La misura della dose dei raggi beta viene fatta per mezzo della TL stessa. Ci sono infatti, alcuni fosfori che sono cosi altamente sensibili che loro esposizione per alcune settimane ad una sorgente radioattiva induce un livello misurabile di TL. Il campione polverizzato e’ posto in un contenitore di perspex, il cui fondo presenta una sottile finestra di plastica che permette alle particelle beta ma non alle alfa di emergere. Un dosimetro TL e’ posto immediatamente al di sotto della finestra; questo come gia’ detto sopra e’ un fosforo contenuto in un vassoio di rame e la TL acquistata in parecchie settimane (da cui poi si ricava il tasso di dose assorbito) e’ misurata usando un forno adatto. Ovviamente tutta l’unita’ e’ posta dentro un recipiente di piombo per schermare il dosimetro dai raggi cosmici e dai raggi gamma esterni. Per misurare il tasso di dose gamma e il tasso di dose dei raggi cosmici, si inserisce un dosimetro TL nel suolo di rinvenimento del reperto e lo si lascia per parecchi mesi, in modo che assorba una dose gamma e da raggi cosmici “rappresentativa” di quella assorbita ogni anno nei secoli di sepoltura del reperto. Il dosimetro al solito e’ un fosforo termoluminescente contenuto in una capsula di rame, il cui spessore delle pareti e’ tale da bloccare le particelle alfa e beta. Una volta recuperata, questa capsula e’ portata in laboratorio per la misura e la valutazione della dose accumulata. Anche qui, come nel caso della misura della dose totale, vi sono alcuni problemi. La determinazione accurata dei tassi di dose richiede un’assunzione di equilibrio secolare nelle catene di decadimento, dove i nuclei figli si disintegrano e si formano alla stessa velocita’. Questa assunzione, quindi, richiede che non vi sia nessun meccanismo attraverso il quale alcuni isotopi possano essere persi. In realta’, invece, questo e’ proprio quello che accade e la causa piu’ frequente di disequilibrio e’ la perdita di gas radon, dalla serie dell’uranio. Comunque si puo’ stimare il tasso di perdita del radon tramite la tecnica del “conteggio alfa”, dopo aver catturato il gas fuggito in un’opportuna cella a gas, e quindi effettuare le dovute correzioni. In aggiunta alla emanazione del radon e’ necessario fare anche una misura del contenuto di acqua nella ceramica. E cio’ perche’ l’acqua contenuta nei pori attenua la radiazione, rendendo cosi piu’ bassa la dose assorbita a parita’ di concentrazione di impurezze radioattive. Si pesa quindi il campione nelle condizioni in cui lo si ritrova e, dopo aver eliminato l’acqua in esso contenuta, si calcola un fattore di correzione per la dose alfa e beta. In conclusione, una volta misurata la dose totale e la dose annua, si determina l’eta’ del reperto. Di seguito un’illustrazione delle principali fasi dell’applicazione della metodologia di datazione mediante termoluminescenza nel caso di reperti ceramici di origine archeologica.



Recentemente il metodo di datazione con la luminescenza e' stato applicato con successo anche alle rocce che sono state esposte alla luce del sole prima di essere inserite per esempio in un muro e quindi non piu’ esposte alla luce del sole. La misura della luminescenza ci dira’ quanto tempo e’ passato da quando la superficie interna della roccia e’ stata esposta per l’ultima volta alla luce del sole e quindi quanto e’ vecchio il muro. La quantita’ di radiazione assorbita dalla superficie della roccia e' quella che ha ricevuto nel tempo una volta che la superficie e’ stata coperta con altri materiali e non piu’ esposta al sole. Questa e’ la dose totale assorbita dal campione. Come fatto per le ceramiche se questa quantita’ viene divisa per la dose proveniente dall’ambiente in cui si e’ trovata la roccia in un anno essa ci da’ l’eta’ del materiale. Il prelievo  dei campioni nel caso di un  muro e’ effettuato da rocce vicino al terreno per essere sicuri che non siano state mosse nel corso dei secoli e quindi le cui facce nascoste non hanno mai visto la luce del sole. Una volta che I campioni vengono prelevati essi vengono chiusi immediatamente in una busta nera per evitare l’esposizione alla luce del sole. Per calcolare la dose di radiazione ricevuta dal campione dall’ambiente tipicamente si usa un contatore Geiger.I campioni una volta prelevati vengono portati in laboratorio e preparati in una camera oscura. Essi vengono puliti con acidi diluiti e poi viene macinata la superficie del campione ad una profondita’ non piu’ del millimetro. La polvere quindi viene selezionata in base alla dimensione dei grani per identificare la presenza di quarzofeldspati o calcite i minerali utili per la datazione in quanto accumulano la radiazione. Questi grani vengono irradiati con sorgenti radioattive note, riscaldati ad una temperatura di 500 gradi e misurata la luce emessa (la luminescenza appunto). Si puo’ usare anche un altro metodo che prevede l’irraggiamento del campione con una luce blu, verde o infrarossa al posto del riscaldamento. Ancora una volta la luce emessa (luminescenza stimolata da luce ottica) viene registrata e quindi utilizzata per calcolare l’eta’ della roccia. 

Un grazie a mia figlia Francy per avermi aiutato nella compilazione del documento.


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