venerdì 16 dicembre 2011

DOV’E’ LA MATEMATICA?

In prossimita' delle feste Natalizie ho pensato di farmi un piccolo regalo pubblicando sul mio blog la recensione fatta dallo statistico Walter Caputo sul blog Gravita' Zero del mio libro "L'universo dei numeri i numeri dell'Universo. Un grazie al professore Caputo per le belle parole spese per il mio libro senza che io lo conoscessi in alcun modo. Grazie.

Esistono libri di matematica veramente accessibili a tutti? Sì, sono quelli generalmente denominati “divulgativi”. Ma la gente li conosce? Oppure siamo ancora fermi al famoso e ingiustificato odio innato per la matematica? Diciamo subito che la matematica non ha mai fatto male a nessuno; al contrario alcuni insegnanti di matematica di male ne hanno fatto, ed anche parecchio. Se siete quindi fra coloro che stanno per riconciliarsi con la matematica, “L’universo dei numeri, i numeri dell’universo” è il libro che fa per voi. D’altronde se avete messo una pietra (nel senso di una lapide) sopra il vostro ex insegnante di matematica, è ora di ripartire da tutto ciò che non vi hanno mai detto sulla matematica, in pratica tutto ad eccezione delle formule che vi sono state impartite come un dogma. Ed infatti nel libro scritto dal fisico Felice Russo non troverete formule, perché la matematica è anche e soprattutto altro. 
Ma, prima di partire, vi potreste chiedere se la matematica venga inventata oppure scoperta. Ciò implica domandarsi se la matematica sia necessariamente collegata alla realtà ed inserita in essa oppure se possiamo affermare che la matematica prescinde dalla realtà, perché non ne ha bisogno e perché esiste anche senza che la realtà stessa esista.
Nell’introduzione al testo, Felice Russo propende per un’idea di matematica che si debba affacciare nel mondo, nel senso che essa fornisce strumenti utilissimi in qualunque settore. Di conseguenza, scopo del testo è proprio mostrare come la matematica sia praticamente dappertutto, ed interessare, divertire ed incuriosire il lettore proprio a partire da fatti o eventi che sembra non abbiano nulla a che fare con quella che molti definiscono “la regina delle scienze”.
Altri autori, come il fisico Roger Penrose, propendono per un’idea di matematica comunque esistente, a prescindere dalla realtà, in un “mondo matematico platonico” dove le forme matematiche “non hanno una posizione spaziale e non esistono nel tempo”. Le nozioni matematiche sono dunque entità atemporali, “che non devono essere considerate come esistenti soltanto nel momento in cui sono percepite dagli esseri umani per la prima volta”.
Così, a proposito dell’ insieme di Mandelbrot, Penrose scrive: “quei disegni ‘esistevano’ già dall’inizio dei tempi in senso potenziale e atemporale, e si sarebbero poi rivelati esattamente nella forma in cui li percepiamo oggigiorno, non importa in quale istante e in quale luogo un essere senziente avrebbe scelto di esaminarli” (1)
Su Le Scienze di ottobre 2011, Mario Livio fornisce una risposta originale: secondo lui la matematica si inventa e si scopre. Scrive infatti: “La matematica è un complesso amalgama di invenzioni e scoperte. In genere i concetti sono inventati, e sebbene le relazioni corrette tra di essi esistano da prima che le si scopra, noi scegliamo quali studiare”. (2)
Abbiamo detto che il fine ultimo di Felice Russo, in questo testo, è divulgare la matematica, cioè comunque diffonderne la conoscenza presso i non addetti ai lavori. D’altronde anche il fine di Gravità Zero è divulgare la scienza, e questo è anche un mio personale proposito.
Ci si potrebbe però chiedere perché farlo. Naturalmente possono esserci numerosissimi buoni motivi a favore di tale attività. Felice Russo, a tal proposito, scrive: “Contrariamente a quanto pensa la gente comune, non si può fare a meno della matematica se si vuole capire il mondo che ci circonda”. Questa è un’ottima e condivisibile affermazione, tuttavia – spesso - la gente non vuole capire il mondo che ci circonda: vive bene anche ignorando quasi completamente la matematica. In particolare gli studenti, con cui ho quotidianamente a che fare, ritengono che non si possa fare a meno dell’ultimo modello di smartphone, e che sia importante imparare ad usarlo, ma non sono interessati a capire il mondo. Certo, non tutti sono così apatici e per niente curiosi. Ad esempio mio figlio mi chiede spesso cos’è o perché o ma come?. Ma lui non ha ancora tre anni.
Se siete adulti, e ciononostante avete conservato almeno un pizzico di quella straordinaria curiosità per il mondo, che hanno i bimbi, allora sappiate che la matematica è davvero affascinante, anzi è forse una delle cose più affascinanti che possano capitare nella vita. Nel 2005, presso la Stanford University, Steve Jobs, recentemente scomparso, concluse il suo memorabile discorso invitando tutti gli studenti ad essere affamati e folli. La “fame” vi porterà – una volta entrati dentro la matematica – a non poterne più fare a meno e a desiderarne sempre di più. La “follia” vi consentirà di seguire una strada matematica fino alle sue estreme conseguenze, trovando così nuovi strumenti, che tutti potranno usare per il loro lavoro o per la loro vita.
Sappiate però che “L’universo dei numeri”, di cui stiamo parlando, è lungo circa 500 pagine, cioè molto di più di quanto sia lungo in media un testo divulgativo di matematica. D’altronde la matematica che si è accumulata fino ad oggi è davvero tantissima, tanto è vero che chi si occupa professionalmente di matematica ne conosce molto bene solo una piccola parte, che è poi l’oggetto delle sue ricerche. Per chi fa altro nella vita, l’incontro con la matematica di questo testo è un piatto molto ricco. Potrete però scegliere all’interno i percorsi che più gradite, costruendo in questo modo un menu personalizzato.
Se ad esempio siete interessati ai numeri primi, ovvero a quei numeri divisibili solo per 1 e per se stessi, allora cominciate dal capitolo II. Quanti sono i numeri primi? Come sono distribuiti? A cosa servono? Euclide, già nel 300 a.C. circa, ha dimostrato che i numeri primi sono infiniti.
Ma il fatto che siano infiniti implica che non si possano contare? In realtà se vogliamo contare degli oggetti dobbiamo solo aver un buon sistema per farlo, non ha importanza che il numero degli oggetti sia finito o infinito, poiché il numero degli oggetti è una cosa diversa dal sistema di misura. Ci occorre quindi un buon sistema di misura. Per Roberto Zanasi contare significa “numerare progressivamente persone, animali o cose per determinarne la quantità. Numerare. Cioè segnare con numeri progressivi.”. In termini matematici “contare significa proprio mettere in corrispondenza biunivoca un insieme numerico con l’insieme di cui vogliamo contare gli elementi”.
Ad esempio, spiega Zanasi, l’insieme (a,b,c,d,) ha 4 elementi, poiché alle 4 lettere contenute all’interno possiamo associare i seguenti numeri naturali: 0,1,2,3. In questo modo stiamo descrivendo la grandezza dell’insieme, che prende il nome di cardinalità. (3). Ma esistono anche nuovi sistemi numerali, che consentono di analizzare sotto un’altra luce i risultati matematici di Georg Cantor (illustrati nel libro di Zanasi). Yaroslav Sergeyev ha elaborato un nuovo sistema numerale, tramite il quale è possibile affrontare con armi migliori la sfida per risolvere niente poco di meno che il Primo Problema di Hilbert (4).
Ho introdotto i numeri primi, giusto per fare un piccolo esempio di una lunga carrellata sui vari tipi di numeri, che troverete nel testo. Ed ogni volta che l’autore prende in esame un certo tipo di numero, ne esamina molti aspetti ed espone le connessioni di quel numero con il mondo che ci circonda.
Per restare sempre sui numeri primi, scopriamo – anche tramite esempi applicativi – che sono utilissimi in crittografia, e che oggi – con tutte le transazioni che avvengono tramite internet – tale scienza è diventata di vitale importanza. Inoltre, pare che due specie di cicale abbiano un ciclo di lunghezza pari ad un numero primo (una specie 13 anni e l’altra 17 anni) per evitare di incontrarsi troppo nel momento in cui fuoriescono dalla terra……
Dov'e' la matematica?A questo punto dovreste conoscere la risposta: la matematica è dappertutto. Buona lettura !

NOTE
(1) Roger Penrose – La strada che porta alla realtà – Le leggi fondamentali dell’Universo – BUR Scienza, 3° edizione febbraio 2007
(2) Mario Livio – Perché la matematica funziona – Le Scienze, ottobre 2011
(3) Roberto Zanasi – Verso l’infinito ma con calma – Un dialogo su matematica, insiemi e numeri – Scienza Express, 2011
(4) Yaroslav Sergeyev – Counting systems and the First Hilbert problem

mercoledì 14 dicembre 2011

Il pianeta gemello della Terra?

La missione Keplero, diretta dalla NASA, ha come obiettivo la ricerca di pianeti simili alla nostra Terra all’interno o vicino alla cosiddetta zona abitabile ed orbitanti intorno a stelle della  nostra Galassia (Via Lattea). Dall’inizio della missione, sono ormai migliaia i pianeti scoperti. Al momento c’e’ una chiara evidenza di tre possibili tipi di esopianeti: giganti gassosi, super-terre calde con periodi di rivoluzione molto corti e giganti ghiacciati. La sfida adesso e’ quella di trovare pianeti come la nostra Terra (cioe’ pianeti con dimensioni che vanno dalla meta’ di quella della Terra al suo doppio) specialmente nella zona abitabile delle stelle. In astronomia e astrobiologia, la zona abitabile e’ la regione intorno alla stella dove un pianeta con dimensione, composizione e pressione atmosferica simile a quella della Terra, riesce a  mantenere l’acqua allo stato liquido sulla sua superficie. Poiche’ l’acqua liquida e’ essenziale per tutte le forme di vita, i pianeti in questa zona sono considerati quelli piu’ promettenti per ospitare la vita extraterrestre (sebbene delle forme esotiche di vita che non richiedono l’acqua possono esistere in ambienti diversi).
Il metodo utilizzato dalla missione Keplero per “scovare” i pianeti che orbitano intorno a delle stelle e’ quello chiamato deitransiti”.  Esso e’ basato sull’osservazione della diminuzione della brillantezza (potenza emessa dalla stella per unita’ di superficie) quando uno dei pianeti della stella passa (transita) davanti ad essa. La quantita’ di luce persa, tipicamente tra lo 0.01% e l’1%, dipende dalla dimensione della stella e del pianeta; la durata del transito dipende invece dalla distanza del pianeta dalla stella e dalla massa della stella. Poiche’ la massa e la dimensione della stella possono essere determinati da osservazioni spettroscopiche il metodo dei transiti permette di determinare  la dimensione del pianeta e la sua distanza dalla stella.    




Il telescopio Kepler che si trova al di fuori dell’atmosfera terrestre punta verso una piccola zona del cielo dove sta scrutando circa 150.000 stelle della nostra galassia. 


Ormai sono anni che Keplero osserva queste stelle e i pianeti trovati si aggirano intorno ai 2000, con stelle aventi dei veri e propri sistemi con pianeti multipli che gli ruotano intorno. Ma a noi non interessa tanto trovare nuovi pianeti o nuovi sistemi solari quanto piuttosto  trovare dei pianeti simili al nostro e quindi capaci di ospitare la vita cosi come la conosciamo noi. Nell’immagine sottostante sono riportati tutti i pianeti scoperti fino ad oggi dalla missione con l’asse delle y che rappresenta la dimensione dei pianeti rispetto a quella della terra e sull’asse x il periodo di rivoluzione in giorni. Si puo’ notare che ci sono molti pianeti in dimensione simili alla Terra ma con periodi di rivoluzione al di sotto dei 100 giorni.      

Di tutti questi pianeti quelli candidati che si trovano nella cosiddetta zona abitabile sono solo una piccola parte indicata nell’immagine sottostante con una fascia di color verde.

Qui sotto un ingrandimento della zona verde (zona abitabile).

Sono stati trovati una cinquantina di pianeti nella zona abitabile, ma nessuno di questi puo’ essere considerato un gemello o almeno un cugino della nostra Terra, nel senso che orbita intorno ad una stella simile al nostro Sole ad approssimativamente alla stessa distanza della Terra.
Questo fino a qualche giorno fa. 
Secondo quanto riportato dalla Nasa, la missione Kepler ha trovato un pianeta roccioso che orbita intorno ad una stella molto simile al nostro Sole, praticamente alla stessa distanza che intercorre tra la nostra Terra e il Sole.  
Questo pianeta e’ stato battezzato come Kepler22b, dove Kepler 22 indica la nana gialla del sistema ad una distanza di circa 600 anni luce da noi (vedi immagine della Nasa sottostante).

 

Grazie ai risultati della missione Kepler, il progetto SETI che ricerca la possibile presenza di intelligenza al di fuori del nostro sistema solare, e’ ripartito di nuovo dopo un periodo di fermo, e sta analizzando i segnali radio provenienti dai pianeti scoperti da Kepler.  Dimentichiamoci adesso per un attimo della vita intelligente e chiediamoci invece quanto veramente questo pianeta e’ simile alla nostra Terra.



L’immagine del pianeta riportata qui sopra e’ semplicemente un’interpretazione artistica. Infatti Kepler non e’ capace di “vedere” oceani, nuvole, atmosfera. L’unica cosa che conosciamo e’ il raggio e la sua distanza dalla stella.  Quindi come faremo adesso ad avere informazioni sui dettagli di questo pianeta?
Dopo tutto gli stessi pianeti rocciosi presenti nel nostro sistema solare mostrano una grande varieta’. Kepler22b ruota rapidamente su stesso in un giorno come la Terra o in 59 giorni come Mercurio? O addirittura in 243 giorni come Venere?   
L’atmosfera e’ rarefatta come quella di Marte, e’ molto calda come quella di Venere o e’ del tutto assente come per Mercurio? E se ha un’atmosfera quali sono i gas che la compongono?
Per trovare una risposta a queste domande quello di cui abbiamo bisogno e’ di un potente telescopio su cui e’ montato un coronografo. Questo strumento e’ in grado di eliminare la luce diffusa e diffratta della stella e quindi favorire la visibilita’ del pianeta (vedi sotto, si tratta del disco a centro dell’apertura del telescopio).   



 Da queste immagini si potrebbe determinare per esempio:
  • Il periodo di rotazione del pianeta se esso non rivolge sempre la stessa faccia alla Terra come avviene per la Luna.
  • Eventuali cambiamenti atmosferici e/o eventuali attivita’ vulcaniche dalla misura della fase del pianeta (quanta parte della sua superficie e’ illuminata) insieme alla sua rotazione.
  • Se il pianeta ha delle terre emerse e degli oceani. In questo caso infatti  durante la sua rotazione sarebbe possibile notare delle fluttuazioni periodiche nella quantita’ di luce proveniente da esso, in quanto gli oceani e i continenti riflettono la luce in modo diverso.
  • Se il pianeta possiede delle nuvole, come la Terra, dall’analisi delle fluttuazioni extra della sua brillantezza
  • Se il pianeta possiede delle lune attraverso l’analisi delle fluttuazioni periodiche della sua brillantezza corrispondenti ai transiti di queste lune davanti al pianeta.  
Usando oltre al coronografo anche uno spettrografo e’ possibile allargare le nostre conoscenza sul pianeta, determinando quanta frazione di luce arriva sulla Terra alle varie lunghezze d’onda. E con questi data sarebbe possibile determinare se il pianeta ha o no un’atmosfera e se si,  di cosa e’ fatta.

 

Sfortunatamente Kepler22b non e’ vicino alla Terra ma a ben 600 anni luce, e quindi troppo lontano per poter effettuare queste misure con gli strumenti attuali.
Ma secondo fonti NASA e’ possibile che nel prossimo decennio possa essere costruito un telescopio di prossima generazione che potrebbe permettere di ottenere i dati che ci interessano. Nel frattempo vediamo cosa ci dira’ il progetto SETI che sta “ascoltando” i segnali che ci arrivano da questi lontani pianeti alla ricerca di possibili pattern non dovuti al caso ma ad una intelligenza come la nostra. Non ci resta che aspettare.   


mercoledì 7 dicembre 2011

Universi annidati in buchi neri


Ritorniamo a parlare di buchi neri e di whormhole, e questa volta lo facciamo riportando lo studio di un fisico russo i cui studi, arrivano a suggerire l’esistenza del nostro universo all’interno di un grande buco nero.
Questa idea basata su una modifica delle equazioni della Relativita’ Generale di Einstein, cambia radicalmente la nostra visione di cosa accade in un buco nero.
Nikodem Poplawski dell’Universita’ dell’Indiana ha mostrato con i suoi studi che all’interno di ogni buco nero potrebbe esistere un universo (Physics Letters B, DOI: 10.1016/j.physletb.2010.03.029). E’ probabile che i massicci buchi neri presenti al centro di molte galassie (come anche la nostra Via Lattea) non siano altro che dei ponti, dei cunicoli che portano a universi diversi dal nostro. Se questo fosse corretto, nulla vieterebbe che il nostro Universo si trovi esso stesso all’interno di un gigantesco buco nero. Secondo la Relatività Generale di Einstein, all’interno dei buchi neri ci sono delle singolarita’, regioni di dimensioni infinitesime, dove la densita’ della materia raggiunge valori infiniti. I fisici non hanno mai amato troppo le singolarita’ e hanno fatto sempre di tutto per rimuoverle. Se una singolarita’ all’interno di un buco nero e’ un punto reale di densita’ infinita o solo un’inadeguatezza matematica della Relativita’ Generale al momento nessuno lo sa. Ad ogni modo le equazioni usate da Poplawski, rimuovono la singolarita’. Vediamo come.
Poplawski, per la sua analisi e’ ricorso ad una variante delle equazioni della Relativita’ Generale chiamate equazioni di Einstein-Cartan-Kibble-Sciama (ECKS). Diversamente dalle equazioni di Einstein, quelle ECKS considerano lo spin o momento angolare delle particelle elementari. Per capire cosa sia lo spin di una particella, prendiamo come esempio una trottola. Se la facciamo ruotare intorno al suo asse, questa acquista un momento angolare che la fa stare in equilibrio. E’ questa rotazione che i fisici chiamano spin. Le particelle possono essere considerate come tante minuscole trottole che ruotano intorno ad un asse. I bosoni (come fotoni e gluoni)  hanno spin intero, cioe’ un multiplo intero della costante di Plank mentre i fermioni l’hanno semi-intero. L’utilizzo dello spin della materia nelle equazioni di Einstein rende possibile il calcolo di una proprieta’ della geometria dello spazio-tempo chiamata torsione.
Quando la densita’ della materia raggiunge proporzioni gigantesche (piu’ di 1050 Kg per centimetro cubo) all’interno di un buco nero, la torsione si manifesta come una forza che si oppone alla gravita’. Questo previene che la materia sia compressa indefinitamente e raggiunga un valore infinito. In questo modo non c’e’ alcuna singolarita’. Come dice, Poplawski, la materia rimbalza e comincia ad espandersi di nuovo (http://arxiv.org/abs/1007.0587).  Lo scenario che si presenta e’ simile a quello di quando comprimiamo una molla: Poplawski ha calcolato che inizialmente la gravita’ supera la forza repulsiva della torsione e mantiene la materia compressa, ma appena la forza repulsiva diventa  piu’ forte, la materia smette di collassare e comincia a rimbalzare. Poplawski nel suo articolo ha calcolato che lo spazio-tempo all’interno di un buco nero si espande di circa 1.4 volte rispetto alla sua piu’ piccola parte in un tempo cosi breve quanto 10^(-46) secondi.    
Questo incredibile rimbalzo super veloce (quello che si chiama un buco bianco), potrebbe essere quello che ha portato all’espansione del nostro Universo come noi lo vediamo oggi. La ricerca di Poplawski suggerisce che tutti i buchi neri possono avere dei ponti di Einstein-Rosen (whormhole) ognuno collegato ad un universo che si e’ formato simultaneamente al buco nero. Da questo si puo’ ipotizzare che il nostro universo si sia formato da un buco nero esistente in un altro universo.
E’ possibile determinare se effettivamente il nostro universo e’ contenuto in un buco nero?  Un buco nero “spiraleggiante” dovrebbe imporre un qualche spin allo spazio-tempo al suo interno, e questo dovrebbe apparire come una direzione preferenziale nel nostro universo come riporta Poplawski nel suo studio. Una tale direzione preferenziale dovrebbe risultare in una violazione di una proprieta’ dello spazio-tempo chiamata “simmetria di Lorentz”, (le leggi della fisica devono essere le stesse per un sistema di riferimento inerziale e per tutti i riferimenti che si muovono di moto rettilineo uniforme rispetto a esso) che collega lo spazio e il tempo. Diversi fisici hanno suggerito che una tale violazione dovrebbe essere responsabile dell’osservata oscillazione dei neutrini (Physical Review D, DOI: 10.1103/PhysRevD.74.105009).


Purtroppo, nessuno di noi potra’ mai provare che il nostro universo sia all’interno di un buco nero. A causa dell’aumento del campo gravitazionale, infatti, il tempo scorre sempre piu’ lentamente. In questo modo, per un osservatore esterno qualsiasi universo all’interno del buco dovrebbe formarsi solo dopo una quantita’ di tempo infinito. Quindi la parte interna di un buco nero rimarra’ sempre nascosta ad un osservatore del nostro universo e quindi non potremo mai fare un’osservazione diretta dell’eventuale universo annidato in un buco nero. E’ possibile che al di la’ di ogni buco nero del nostro universo, da quelli minuscoli a quelli enormi ci sia un universo nato dalla sua parte bianca (buco bianco) e che all’interno dei buchi neri di questi altri universi ci siano altri universi ancora e cosi via all’infinito.
Bellissima teoria ma impossibile da provare direttamente.      

      

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