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domenica 2 dicembre 2018

L’Universo dopo la missione Planck


Sono ormai 50 anni da quando abbiamo scoperto un fondo di microonde che arriva sulla terra proveniente da tutte le regioni del cielo. Queste radiazioni non provengono dal sole, da galassie o altre stelle ma sono la luce residua del Big Bang che oggi chiamiamo radiazione cosmica di fondo detta anche semplicemente radiazione di fondo e indicata con l’acronimo inglese CMB. Le missioni satellitari realizzate negli anni passati hanno avute tutte lo scopo di studiare le caratteristiche principali di tale radiazione e verificarne l’accordo con le previsioni teoriche. L’ultima di queste missioni ha visto impegnato il satellite Planck dell’agenzia spaziale europea, lanciato nel 2009. Grazie ad esso la nostra visione dell’Universo e’ cambiata radicalmente. Vediamo perche’. L’immagine seguente mostra come la temperatura associata all’energia di questa radiazione fossile, 380000 anni dopo il Big Bang, non e’ uniforme in tutte le direzioni dello spazio in quanto mostra delle piccole variazioni dell’ordine delle centinaia di microkelvin (il colore blu indica temperature piu’ basse e quello rosso temperature piu’ alte).

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Per analizzare l'origine della radiazione cosmica di fondo è necessario tornare al periodo conosciuto come era della ricombinazione. Nell'Universo le condizioni cominciano a permettere la formazione di atomi di idrogeno, fenomeno detto appunto ricombinazione. L'energia di ionizzazione dell'idrogeno vale 13,6 eV, e dunque basta questa energia per staccare l'elettrone dal nucleo, ma a quel tempo la maggior parte dei fotoni possiede ancora un'energia maggiore di quel valore. Quindi ogni volta che un fotone interagisce con un atomo appena formatosi, quest'ultimo perde il proprio elettrone. Il fotone viene deflesso e questa interazione è descritta dal fenomeno chiamato scattering Thomson (figura seguente), responsabile dell'aspetto opaco dell'Universo di allora.

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Per questo motivo il cammino libero percorso dai fotoni tra una collisione e l'altra è estremamente breve e impedisce appunto la formazione di atomi stabili. Con il passare del tempo però l'Universo si espande, la temperatura cala e di conseguenza anche l'energia dei fotoni diminuisce, facendo decrescere sempre più il numero di essi in grado di ionizzare gli atomi di idrogeno. Al termine di questo processo si hanno gli elettroni nel loro stato fondamentale e i fotoni ormai non più in grado di interagire con essi. Cessa dunque il fenomeno di scattering e l'Universo passa da uno stato opaco ad uno trasparente. Si parla quindi di disaccoppiamento tra materia e radiazione, perché da questo momento in poi i fotoni sono liberi di propagarsi in moto perenne nell'Universo, senza essere più deflessi, costituendo ciò che oggi è conosciuta appunto come radiazione cosmica di fondo. Importante notare come ricombinazione e disaccoppiamento sono fenomeni distinti e non avvengono contemporaneamente. A partire dal 1983 sono stati condotti diversi esperimenti per ottenere più informazioni, tra cui soprattutto l'effettiva temperatura dei fotoni della radiazione cosmica di fondo. Sono tre le missioni spaziali più famose a questo riguardo: COBE, acronimo di Cosmic Background Explorer, del 1992, WMAP, ovvero Wilkinson Microwave Anisotropy Probe, del 2001 e Planck, lanciato nel 2009. Quest'ultima nasce con gli obiettivi di misurare con grande precisione il CMB, osservare strutture dell'Universo come alcuni ammassi di galassie, studiare l'effetto chiamato lente gravitazionale e stimare i parametri osservativi. Questi obiettivi, uniti alla tecnologia utilizzata nella realizzazione dell'esperimento, rendono questa missione la più importante delle tre. Grazie ai dati raccolti, soprattutto da Planck, si sono fatti importanti passi avanti in questo campo. Oggi si sa infatti che la radiazione cosmica di fondo corrisponde esattamente alla radiazione emessa da un corpo nero, a una temperatura

T0 = 2.725+/- 0.001 K

a cui corrisponde un’energia media di questi fotoni di solo 1.126*10-22 Joule. Un corpo nero è, fisicamente parlando, un radiatore ideale, ovvero un ggetto che assorbe ogni tipo di radiazione elettromagnetica da cui viene colpito, senza riflettere energia. Il principio di conservazione dell'energia tuttavia non permette di assorbire semplicemente energia e quindi un corpo nero riemette tutta l'energia che ha ricevuto sotto forma di radiazione. Le missioni COBE e WMAP hanno confermato le ipotesi che erano state fatte sul CMB. È stato infatti dimostrato come lo spettro della radiazione cosmica di fondo corrisponda esattamente a quello di un corpo nero.

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Il satellite Planck ha misurato le fluttuazioni in temperatura con una risoluzione che nessun altro satellite prima aveva fatto: circa 5 microkelvin rispetto ai 70 di COBE. Quest’alta risoluzione insieme alla capacita’ di misurare la polarizzazione di questa luce ci ha permesso di capire, misurare ed eliminare gli effetti della polvere (vedi immagine seguente) presente nella nostra galassia meglio di quanto fatto prima. Per ottenere le informazioni cosmologiche contenute in questo fondo e’ necessario conoscere tutti gli effetti che possono contaminare tale segnale.

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Una volta che il segnale e’ stato ripulito esso puo’ essere analizzato per estrarre tutta l’informazione possibile. Questo significa usare le fluttuazioni in temperatura su larga, intermedia e piccola scala per cercare di capire:

· quanta materia normale, oscura ed energia oscura ci sono nell’universo

· la loro distribuzione iniziale

· la forma e curvatura dell’universo (vedi immagine seguente)

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E’ possibile anche analizzare le diverse varieta’ di luce polarizzata di questa radiazione e ottenere altre informazioni molto utili per gli scienziati. Grazie a Planck adesso conosciamo alcuni dei parametri cosmologici con una maggiore precisione, come per esempio la costante di Hubble che oggi sappiamo essere un numero tra 67 e 68 Km/s/Mpc.

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L’universo ha piu’ materia e si sta espandendo piu’ lentamente di quanto pensavamo prima. Prima dei risultati del satellite Planck, si pensava che l’universo fosse costituito per il 26% di materia e 74% di energia oscura con un tasso di espansione intorno a 70 Km/s/Mpc. Adesso invece la quantita’ di materia nell’universo corrisponde a circa il 31.5% (il cui 4.9% e’ materia normale e il rimanente materia oscura) mentre il 68.5% e’ energia oscura con una costante di Hubble di circa 67.4 Km/s/Mpc. Quest’ultima e’ in contrasto con altre misure che invece indicano un rate di 73 Km/s/Mpc. Questo punto e’ probabilmente una delle poche controversie ancora oggi rimanenti sul modello di universo. Grazie al satellite Planck sappiamo che ci sono solo 3 tipi di neutrino e la massa di ognuno di essi e’ non piu’ di 0.04 eV/c2, circa 10 milioni di volte meno massiccia di un elettrone. Un’altra indicazione e’ quella che l’universo e’ realmente piatto e la sua curvatura e’ non piu’ di 1 parte su 1000. A partire dall’intensita’ di questa radiazione di fondo e’ possibile utilizzare la trasformata di Fourier per ottenere lo spettro continuo delle fluttuazioni di temperatura. Per descrivere la distribuzione spaziale dell’intensita’ e quindi della temperatura si puo’ sfruttare il fatto che queste sono distribuite su una superficie sferica e quindi e’ possibile utilizzare una decomposizione in armoniche sferiche:

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dove Yl,m e’ la funzione armonica sferica di grado l ed ordine m. Di seguito lo spettro ottenuto da Planck.

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Esso tra le altre cose ha fornito anche una conferma della teoria dell’inflazione cosmica. Quest’ultima prevede che le fluttuazioni dell’universo al suo inizio dovrebbero essere pio’ o meno le stesse a tutte le scale con una piccolissima maggiore fluttuazione alle scale piu’ grandi. In accordo con i dati forniti da Planck questo significa che una delle quantita’ cosmologiche chiamata indice spettrale ed indicata con ns e’ prossima ad 1 (Planck da’ 0.965+/-0.05%) come ci si aspetta dalla teoria dell’inflazione. C’e’ anche un’altra questione a cui le misure di Planck possono dare un contributo. L’energia oscura che e’ estremamente sensibile alla radiazione di fondo e ai dati provenienti dall’universo ultra-distante (come le supernove di tipo Ia) e’ o no una costante cosmologica? Nel caso in cui lo fosse allora la sua equazione di stato indicata col parametro w dovrebbe essere esattamente pari a -1. Cosa dice Planck? Si e’ trovato un valore di -1.03 con una incertezza di solo 0.03.

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Dopo la missione Planck, anche altre quantita’ hanno mostrato delle differenze anche se molto piccole. L’universo e’ diventato leggermente piu’ vecchio. Siamo a 13.8 miliardi di anni verso i precedenti 13.7 miliardi di anni. La distanza del confine osservabile dell’universo e’ un po’ piu’ piccola di quanto pensavamo: 46.1 invece di 46.5 miliardi di anni luce.

In definitiva possiamo dire che in base ai risultati del satellite Planck:

· il modello dell’inflazione e’ confermato

· esistono tre specie di neutrini

· l’universo si sta espandendo piu’ lentamente di quanto pensavamo prima e non c’e’ alcuna evidenza di una sua curvatura

· c’e’ un po’ piu’ materia oscura e materia standard di quanto pensavamo prima a scapito di un po’ meno di energia oscura.

· non c’e’ alcuna evidenza a favore dei modelli Big Rip e Big crunch dell’universo

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Grazie alla missione Planck oggi abbiamo uno spettacolare accordo tra la radiazione di fondo (CMB) e le previsioni teoriche dell’universo contenente 5% di materia normale, 27% di materia oscura e 68% di energia oscura. Ci puo’ essere la possibilita’ di variazioni del 1-2% per questi valori, ma un universo senza materia oscura e senza energia oscura con i dati in nostro possesso non e’ pensabile. Entrambe sono reali e necessarie (vedi linea blu del grafico precedente per capire il buon accordo tra i dati teorici che prevedono la materia e l’energia oscura e i dati sperimentali rappresentati dai punti in rosso ottenuti da Planck).

Per approfondire:

https://www.cosmos.esa.int/documents/387566/387653/Planck_2018_results_L01.pdf/19301bb5-d646-f201-f136-d62910bf6a82

martedì 24 aprile 2018

La vastita’ del cosmo


clip_image002Oggi grazie al progresso tecnologico, gli astronomi riescono ad andare indietro nel tempo ed osservare l’universo subito dopo il Big Bang (circa 380000 anni dopo). Questo perche’ la velocita’ della luce e’ costante e quindi un raggio luminoso di una stella per arrivare a noi impieghera’ un tempo tanto maggiore quanto piu’ e’ lontana da noi. Questo sembra indicare che l’intero universo sia alla portata dei nostri telescopi. Essendo l’eta’ del nostro Universo di 13.7 miliardi di anni questo significa che gli astronomi possono orientare i loro telescopi in ogni direzione dello spazio ottenendo cosi una sfera visibile di 13.7 miliardi di anni luce e con la terra al suo centro. Ma noi sappiamo che l’universo si sta espandendo e questo fa si che il diametro dell’universo osservabile sia di ben 92 miliardi di anni luce. Ma come e’ possibile?

Per rispondere dobbiamo partire dalla ben nota legge di Hubble. Questa stabilisce che la velocita' di recessione delle Galassie e' proporzionale alla loro distanza cioe':

Vr=H*d

dove la costante di proporzionalita' H oggi e' chiamata costante di Hubble e le cui dimensioni sono quelle di un inverso del tempo. La migliore stima conosciuta oggi per questa costante e' :

~ 67 (Km/s)/Mpc

dove Mpc (Mega parsec) e' una misura di distanza equivalente a 3*1022 metri. Volendo esprimere la costante di Hubble in 1/sec abbiamo:

H=(67*1000)/(3*1022)=67/3*103*10-22=67/3*10-19=22.3*10-19 1/sec

Detto cio' dobbiamo fare una precisazione: nella relativita' di Einstein non sono le galassie ad allontanarsi tra loro ma lo spazio tra di esse a dilatarsi (da ogni punto del cosmo "emerge' di continuo nuovo spazio). Possiamo fare l'esempio classico del palloncino con sopra incollate delle monetine. Quest'ultime rappresentano le nostre galassie e la superficie del palloncino il tessuto spazio-temporale del cosmo. Se gonfiamo il palloncino (espansione dell'universo) la sua superficie aumenta e le monetine si allontaneranno sempre di piu' senza pero' che le loro dimensioni cambino. Questo e' quello che succede alle galassie "incastonate" nella trama dello spazio tempo. Quest'ultimo si dilata, le galassie si allontanano ma le loro dimensioni rimangono inalterate. Questa dilatazione del cosmo implica alcuni problemi con la misura di distanza. Se l'universo fosse statico allora due galassie qualsiasi sarebbero ad una certa distanza immutabile nel tempo essendo tutto fermo. In questo caso supponendo che una delle galassie sia la nostra, la seconda galassia sarebbe ad una certa distanza da noi e la luce emessa da ques'ultima arriverebbe a noi dopo un tempo dato dalla distanza diviso la velocita' della luce (massima velocita' possibile per gli oggetti all'interno dell'universo). Quando la luce ci raggiunge la galassia che l'ha emessa starebbe sempre li alla stessa distanza di quando la luce e' partita. Ma noi sappiamo che l'universo non e' statico ma e' in espansione e in questo momento sta addirittura accelerando. Questo significa che quando una stella o una galassia emette la luce si troveranno ad una certa distanza chiamiamola d1 da noi. Una volta che I fotoni partono alla volta della nostra terra, il corpo che ha emesso la luce trovandosi "incastrato" nella trama dello spazio tempo subira' una dilatazione che lo portera' ad allontanarsi dalla terra seguendo la legge di Hubble. Quando i fotoni arriveranno sulla Terra il corpo che l'ha emessi sara' adesso ad una distanza d1+d2 dove d2 e' la distanza coperta dall'oggetto nel tempo in cui i fotoni sono arrivati sulla terra. Questa distanza dc=d1+d2 viene chiamata distanza comovente che e' ben diversa dal concetto di distanza che abbiamo noi quando misuriamo per esempio la lunghezza di un'asta con lo spazio tempo che fa da spettatore. Supponiamo adesso che una stella emetta un fotone da una distanza di 13 miliardi di anni luce. Questo vuol dire che il fotone arrivera' sulla terra dopo 13 miliardi di anni. Ma durante tutti questi anni la stella ha continuato ad allontanarsi da noi a causa dell'espansione dell'universo e quindi si trovera' ben piu' lontana dei 13 miliardi di anni luce iniziali. Ma a che velocita' si espande lo spazio tempo? C'e' un limite cosi come per gli oggetti nell'universo? La risposta e' no. Lo spazio tempo non e' soggetto al vincolo della velocita' della luce. Partendo dalla legge di Hubble possiamo calcolare a quale distanza dalla Terra una galassia "incastonata" nello spazio tempo raggiunge la velocita' della luce. Partendo dalla legge di Hubble e sostituendo c a Vr:

c=H*d

d=c/H=13.4 miliardi di anni luce

Per distanze superiori a questa chiamata raggio di Hubble le galassie si allontanano radialmente dalla terra ad una velocita' maggiore della luce. Questo raggio ci dice che per tutto quello che si trova al di la' di esso non potremo piu' avere nessuna informazione. Questo limite e' anche chiamato orizzonte degli eventi. In cosmologia esiste anche un' altra definizione molto importante che va sotto il nome di "universo osservabile". ovvero quella regione del cosmo da cui abbiamo potuto ricevere anche in passato un segnale luminoso. Come gia' detto se l'universo fosse statico tale regione si estenderebbe per 13.7 miliari di anni luce perche' questa sarebbe la distanza percorsa dalla luce dal Big Bang ad oggi. Ma l'universo nel frattempo si e' dilatato e secondo le equazioni differenziali della relativita' generale di Einstein, il raggio di tale regione sarebbe di ~46 miliardi di anni luce. Questa equazione differenziale lega la distanza comovente al redshift z e non e' risolvibile in forma chiusa ma solo analiticamente. La forma matematica della distanza comovente in funzione del redshift e' una sigmoide che parte da zero e tende a saturare al valore di ~46 miliardi anni luce per valori di z intorno a 1000. Quindi il diametro dell'universo osservabile e' di circa 90 miliardi di anni luce. Chiudiamo con un esempio pratico. Consideriamo la galassia Z8-GND 5296 con un parametro di redshift z di 7.5 (misurato dal telescopio Hubble alcuni anni fa). Grazie alla relazione che lega la velocita' radiale di un corpo con lo spostamento della lunghezza d'onda della radiazione ricevuta rispetto a quella emessa (parametro redshift z):

Vr=[((z+1)2-1)/((z+1)2+1)]*c

possiamo ricavare la velocita' di recessione della galassia Z8-GND 5296 che risulta essere di 3*108 m/s. Utilizzando la legge di Hubble possiamo stabilire la distanza rispetto alla terra pari a

d=Vr/H=0.13*1025 metri

d=0.13*1027*10-16=0.13*1011=13*109 anni luce

essendo

1 m=10-16 anni luce

Quindi la galassia Z8-GND 5296 si stava allontanando da noi ad una velocita' di 300 milioni di m/s, e si trovava ad una distanza di 13 miliardi di anni luce quando ha emesso la luce che Hubble ha raccolto. La luce raccolta e' stata emessa appena 700 milioni di anni dopo il Big Bang. E in questo momento dove si trova questa Galassia? Poiche' l'universo sta accelerando di sicuro ad una distanza maggiore di quando la luce raccolta da Hubble parti per il suo lungo viaggio verso la terra e cioe' maggiore di 13 miliardi di anni luce. Utilizzando il grafico di cui abbiamo gia' parlato che lega la distanza comovente con il parametro z si calcola infatti un valore di circa 30 miliardi di anni luce. In definitiva, come conseguenza dell'espansione dell'universo che puo' avvenire ad una velocita' maggiore di quella della luce ci troviamo nella situazione in cui per molte galassie non potremo avere piu' nessun tipo di contatto trovandosi queste al di la' dell'universo osservabile. Per altre riceveremo ancora un segnale e quindi saranno visibili fino a quando non oltrepasseranno l'universo osservabile e altre ancora che oggi non sono visibili perche' troppo lontane, che appariranno ai nostri occhi appena la luce ci raggiungera'. Questo l’universo osservabile. E quello che e’ nascosto a noi quanto e’ grande? Dipende dalla sua forma. Secondo la relativita’ generale la foma a sua volta dipende da quanta materia/energia c’e’ nell’Universo visto che essa curva il tessuto spazio-temporale. Gli scienziati hanno calcolato una densita’ critica dc direttamente proporzionale al quadrato della costante di Hubble H, cioe’

dc=k*H2

dove k e’ una costante. Il rapporto tra la densita’ misurata e quella critica in genere viene indicata con la lettera greca omega. La densita’ critica e’ quella che rende l’energia cinetica dell’espansione uguale all’energia potenziale gravitazionale del volume che si sta espandendo. Consideriamo una sfera piena di galassie centrata nella nostra posizione. Sia r il raggio di questa sfera e d la densita’ di materia al suo interno. Una galassia di massa m e a distanza r subira’ un’attrazione della materia contenuta in tale sfera di massa totale M, e quindi l’energia potenziale dell’espansione sara’

(G*m*M)/r=(G*m*d*4/3*p*r3)/r

dove G e’ la costante gravitazionale e p la costante pi-greco (3.14…).

Uguagliando questo valore a quello dell’energia cinetica:

1/2*mv2=1/2*m*H2 *r2

dove H e’ la costante di Hubble, otteniamo che la densita’ critica e’ data da:

dc = (3/8*H2)/(p*G)=10-29 g/cm3

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Se la densita’ dell’Universo fosse minore di quella critica cioe’ se omega fosse negativa, allora non ci sarebbe abbastanza materia per fermare l’espansione del cosmo, che continuerebbe per sempre. La forma risultante sarebbe curvata come la superficie di una sella. Questo e’ conosciuto come un Universo aperto.

Se la densita’ fosse maggiore di quella critica (omega positiva) allora ci sarebbe abbastanza materia per fermare l’espansione dell’Universo. In questo caso l’Universo risulterebbe chiuso e finito e avrebbe una forma sferica. Una volta che l’universo arresta la sua espansione iniziera’ a contrarsi e le galassie ad avvicinarsi sempre di piu’. Probabilmente in questo caso l’Universo subira’ un processo inverso del Big Bang, chiamato Big Crunch. Questo e’ conosciuto come un Universo chiuso. Se l’Universo invece contenesse una quantita’ di materia tale da far si che la densita’ sia uguale a quella critica, allora il tasso di espansione diminuira’ lentamente in un tempo infinito. In questo caso l’Universo e’ considerato piatto e di dimensione infinita.

Detto cio’ e’ ovvio che ci chiediamo quale e’ il valore della densita’ o anche del parametro omega dell’Universo.

Per stabilirlo bisogna conoscere quanta materia e radiazioni ci sono nel cosmo. La materia ordinaria e’ presente in diverse forme: pianeti, stelle, polveri, gas interstellare e intergalattico. Se valutiamo la densita’ di questa materia al massimo otteniamo circa il 5% della densita’ critica. Anche la radiazione e’ presente in grande quantita’ come energia elettromagnetica o come particelle relativistiche. Ma essa rende conto di meno del 1% della densita’ critica. Quindi se nell’universo ci fossero solo queste due forme di massa-energia, la densita’ sarebbe inferiore a quella critica, e l’universo continuerebbe ad espandersi senza fine. Sappiamo, pero’, che nell’Universo esiste un’altra forma di massa-energia, la cosiddetta “materia oscura”. Essa e’ stata introdotta per spiegare i movimenti delle stelle nelle galassie e delle galassie negli ammassi di galassie. Le stelle periferiche di una galassia per esempio, si muovono cosi’ velocemente che volerebbero via se non ci fosse una quantita’ significativa di materia superiore a quella visibile all’interno della galassia, capace di attirarle verso il centro compensando la forza centrifuga. Cosa sia la materia oscura ancora non si sa e non si sa nemmeno quanta ce ne sia. Le misure piu’ recenti tendono a convergere ad una stima di circa il 25% della densita’ critica.

Esiste un quarto contributo possibile alla composizione dell’Universo, che e’ stato ipotizzato per spiegare l’osservazione dell’accelerazione dell’espansione dell’Universo. Questo significa che nell’universo deve essere presente una strana forma di energia a pressione negativa che e’ stata chiamata energia oscura. Questa produce una repulsione e quindi aiuta l’espansione dell’Universo, facendola accelerare non appena diventa la forma di energia dominante. In base ai calcoli piu’ recenti tale energia dovrebbe costituire circa il 70% della densita’ critica e quindi essere la componente piu’ importante del nostro Universo. Una forma di energia con le stesse caratteristiche di quella oscura potrebbe essere l’energia del vuoto, misurata sperimentalmente e dovuta alla creazione e annichilazione continua di particelle-antiparticelle. La fisica fondamentale pero’ prevede un valore per questa energia decisamente piu’ alto di quello misurato e quindi al momento non esiste una teoria soddisfacente del fenomeno. A causa delle grosse incertezze sulla materia oscura e sull’energia oscura e’ praticamente impossibile stabilire se la densita’ totale dell’Universo sia superiore, inferiore o uguale a quella critica. Bisogna trovare quindi un modo indipendente per stimare la densita’ dell’Universo. Gli scienziati hanno pensato di usare la geometria e curvatura dello spazio tempo, misurando gli effetti che questa produce sui raggi di luce provenienti da distanze enormi. Come gia’ detto prima, la massa-energia presente nel nostro Universo secondo la relativita’ generale tendera’ a curvare lo spazio-tempo sia a grandi che a piccole scale. Dalle equazioni della relativita’ generale ci aspettiamo una curvatura positiva se il parametro omega e’ maggiore di 1, nulla se omega e’ uguale a 1 e negativa se omega e’ minore di 1. La curvatura su larga scala agira’ sui raggi di luce di oggetti molto lontani. Se la curvatura dello spazio tempo fosse positiva i raggi di luce convergerebbero e quindi le sorgenti apparirebbero piu’ grandi come succede quando viene utilizzata una lente di ingrandimento. In caso di curvatura negativa accadrebbe esattamente il contrario con le sorgenti che apparirebbero piu’ piccole, come dietro ad una lente divergente. Se esistesse un metodo per stabilire se la luce proveniente da sorgenti lontanissime viaggia in linea retta oppure no, potremmo determinare la geometria globale dell’Universo e quindi omega. Questo approccio e' stato tentato a lungo in passato, utilizzando le galassie lontane come sorgenti dei raggi di luce. Ma le galassie piu' lontane sono anche viste in un’ epoca piu' antica della loro evoluzione, e risultano essere irregolari, per cui e' difficile capire se eventuali deformazioni delle loro immagini siano dovute ad una eventuale curvatura dei raggi di luce durante il loro cammino, o siano piuttosto il risultato della irregolarita' delle sorgenti. Come si fa allora a misurare la curvatura dell’Universo? Ricorrendo a quella che gli scienziati chiamano radiazione cosmica di fondo. Vediamo di cosa si tratta. L’universo subito dopo il Big Bang subi’ tutta una serie di transizioni fino ad arrivare in uno stato di plasma (elettroni, protoni, nuclei di He e fotoni) dopo 380000 anni. A causa della diminuzione di temperatura in questo momento l’Universo cessa di essere un plasma e si formano i primi atomi cosi come li conosciamo noi. I fotoni smettono di interagire con le altre particelle (con la temperatura diminuisce la loro energia) e da questo momento in poi non potranno fare altro che iniziare a vagare per il cosmo senza piu’ interagire con la materia. Dunque ancora oggi dopo 13.7 miliardi di anni di vita questa radiazione pervade l’intero Universo ( si tratta di microonde come quelle dei forni usati in cucina) e che noi chiamiamo radiazione cosmica di fondo o piu’ semplicemente radiazione fossile. Oggi per ogni metro cubo di spazio ci sono circa 200 milioni di fotoni fossili e questi non avendo interagito con nulla trasportano informazioni relative all’Universo di 380000 anni dopo il Big Bang. La temperatura o energia di questa radiazione oggi e’ di solo 2.725 gradi Kelvin (cioe’ circa 270 gradi sotto lo zero) mentre all’inizio era di circa 3000 K. Il raffreddamento della radiazione fossile e’ avvenuto in conseguenza del fatto che tutte la dimensioni dell’Universo sono aumentate di un fattore dato dal rapporto 3000/2.725=1100. Ricordiamo infatti che dalla prima legge della termodinamica in caso di processo adiabatico se il volume di un gas aumenta allora la temperatura diminuisce. Una misura accurata della radiazione fossile e’ stata eseguita prima dal satellite WMAP e dopo dal satellite Planck, che oltre al valore medio della temperatura di 2.725 K hanno anche misurato delle piccolissime fluttuazioni di temperatura dipendenti dalla direzione da cui proviene la radiazione. Si tratta di fluttuazioni veramente piccolissime (decimillesimo di grado) ma nonostante cio’ sono molto importanti per dare diverse risposte sull’Universo appena nato. In effetti WMAP/Plank hanno scattato una fotografia dello stato termico dell’Universo come si presentava circa 13.7 miliardi di anni fa

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Dall’analisi della mappa della radiazione fossile si e’ scoperto che approssimativamente tutte le macchie che indicano una fluttuazione di temperatura hanno le stesse dimensioni. Ma come mai ci sono queste fluttuazioni? Esse hanno avuto origine in una frazione di secondo dopo il Big Bang e consistevano di addensamenti o di rarefazioni locali di materia e di fotoni. La materia contenuta in queste fluttuazioni tendeva ad attrarre materia verso il centro grazie alla forza gravitazionale mentre i fotoni tendevano a farla espandere a causa della pressione di radiazione. Si trattava quindi di sistemi non in equilibrio che si espandevano e si contraevano rispetto alla loro posizione di equilibrio. In pratica l’Universo vibrava come vibra l’aria a causa di un suono. Al momento del disaccoppiamento tra materia e radiazione ogni fluttuazione e’ stata sorpresa in qualche istante della sua oscillazione. Poiche’ la crescita e contrazione avvengono ad una velocita’ pari a c/31/2 dove c e’ la velocita’ della luce, al momento del disaccoppiamento della materia le dimensioni di tali fluttuazioni erano:

3*108/31/2 m/s * 380000 *3*107 s=2*1021 m

A partire da quel momento l’estensione delle fluttuazioni e’ cresciuta insieme all’universo espandendosi di circa 1100 volte (cosi come qualsiasi altra dimensione del cosmo). Quindi oggi l’estensione di queste fluttuazioni dovrebbe essere:

h=1100*2*1021 =2.2*1024 m

Proviamo a fare adesso un piccolo calcolo. Da quando l’Universo e’ iniziato la radiazione ha percorso quasi

L=3*108*13.7*109*365*24*3600=1.2*1026 m

Se l’universo avesse una curvatura nulla, allora i raggi di luce provenienti dalle fluttuazioni primordiali formerebbero un triangolo e noi dovremmo osservare queste fluttuazioni sotto un angolo dato da:

h/L=2.2*1024/1.2*1026 radianti=1 grado

o sotto un angolo minore/maggiore se lo spazio avesse una curvatura negativa/positiva.

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Le misure piu’ recenti indicano che l’Universo sia piatto, suggerendo quindi che sia anche infinito, cosa che non potremo mai verificare con i nostri telescopi essendo l’Universo visibile limitato.

Ma come mai tra tutti i possibili universi variamente curvi il nostro e’ proprio piatto? Come e’ potuto succedere che la densita’ media della materia e dell’energia abbia assunto tra gli infiniti valori possibili proprio il valore che rende piatto lo spazio-tempo? Al momento nessuno lo sa.

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