martedì 23 ottobre 2012

0.0001 Il numero della solitudine cosmica

 

Un matematico dell’Università’ di East Anglia, A. Watson, ha rivolto il suo sguardo alle stelle cercando di dare una risposta ad una delle questioni più antiche dell’umanità’: siamo soli nell’Universo? La risposta con molta probabilità e’ si. L’Astrobiologia e’ un nuovo campo della scienza che si occupa dello studio dell’origine, distribuzione, evoluzione e destino della vita ovunque essa si trovi nell’Universo incluso la Terra. A questo proposito il prof. A. Watson ha sviluppato un modello matematico per esaminare la possibilità di presenza di vita intelligente in pianeti simili alla Terra considerando quanto tempo ancora rimane alla terra prima che il Sole diventi troppo brillante per la sopravvivenza della vita. Nell’articolo Implications of an anthropic model of evolution for emergence of complex life and intelligence pubblicato qualche anno fa, A. Watson ha postulato che per degli osservatori intelligenti prima di evolversi c’e’ bisogno di passare attraverso un numero n di fasi molto difficili da un punto di vista evolutivo. Una volta superati questi “gradini”, l’evoluzione procede velocemente fino a che non viene raggiunto il successivo stadio. La vita intelligente si e’ evoluta molto tardi sulla Terra e A. Watson suggerisce che questo può essere legato alla difficolta’ nel superare i primi n stadi più difficili. Egli suggerisce che n e’ meno di 10 e molto probabilmente uguale a 4. Questi stadi includono l’emergenza di batteri unicellulari, batteri complessi pluricellulari, cellule che permettono forme di vita complessa e vita intelligente. Il professore A. Watson pensa che un limite all’evoluzione e’ l’abitabilità’ del pianeta. I nostri modelli fisico/matematici del Sole predicono che esso diventerà più brillante e che ad oggi ha aumentato la sua luminosità del 25% rispetto alla formazione del sistema solare. La nostra biosfera ha bisogno di temperature minori di 50 gradi per sopravvivere, il che suggerisce che la vita avrà “solo” un altro miliardo di anni a disposizione. Questo può sembrare un tempo molto lungo per la nostra scala temporale, ma se confrontato ai 4 miliardi di anni che la vita ha già superato sul nostro pianeta, si capisce che essa e’ nella parte finale della sua esistenza.

A. Watson sostiene che, se un pianeta e’ abitabile per un certo periodo di tempo, e la vita si sviluppa all’inizio di questo periodo, allora e’ probabile che l’evoluzione abbia avuto luogo anche su altri pianeti simili alla Terra. Comunque, siccome l’evoluzione e’ avvenuta sulla Terra solo nella parte finale del periodo di tempo dell’abitabilità’, A. Watson suggerisce che la nostra evoluzione e’ piuttosto improbabile.

Da un punto di vista matematico egli ha derivato le distribuzioni di probabilità di ogni evento cruciale dell’evoluzione. Il suo modello assume che i gradini dell’evoluzione sono intrinsecamente improbabili e che ognuno di essi può manifestarsi solo se i precedenti passi si sono verificati. Tutto il resto dell’evoluzione poi avviene molto rapidamente.

I passi critici vengono considerati degli eventi stocastici, con una probabilità uniforme anche se diversa.  

La proprietà che essi sono intrinsecamente improbabili e’ espressa dalla condizione che il prodotto 

e’ molto minore di 1 dove th e’ il periodo medio dell’abitabilità’ del pianeta. La probabilità per unità di tempo che il primo passo avvenga e’ data da:

La probabilità congiunta sempre per unità di tempo che due eventi, uno al tempo t’ e il secondo a un tempo successivo t e’ data da:

La probabilità che il secondo evento si verifichi e’ ottenuta quindi da:

Continuando in questo modo, la probabilità che l’ennesimo evento si verifichi in sequenza ai precedenti n-1 passi si ottiene da: 

dove K e’ un fattore di normalizzazione.

Usando le registrazioni dei fossili, Watson ha stimato un limite superiore per la probabilità che ogni passo critico si verifichi (10%) che fornisce una probabilità sull’emergenza della vita intelligente minore del 0.01% su 4 miliardi di anni.

Il lavoro sembra dar ragione all’ipotesi della Rare Earth che postula l’emergenza della vita complessa pluricellulare sulla Terra come una improbabile combinazione di eventi astrofisici, geologici e circostanze speciali. A. Watson, sostiene che l’intelligenza e’ ancora più improbabile della “semplice” vita e quindi ancora più improbabile.

Non c’e’ da stare molto allegri. Saremo per sempre destinati alla solitudine cosmica?

mercoledì 5 settembre 2012

Il grande freddo alla base della nascita del nostro Universo


Oggi una parte consistente dei fisici sta lavorando alla teoria delle stringhe come una delle teorie per unificare la gravita’ con la meccanica quantistica. Anche se da un punto di vista matematico questa teoria e’ molto elegante da un punto di vista fisico ancora non riesce a fare predizioni e quindi ad essere accettata come la teoria del tutto.
Oltre alla teoria delle stringhe esistono altri modelli che cercano di conciliare la gravita’ di Einstein con la meccanica quantistica di Heinsberg/Schrodinger. Tra queste oggi  vogliamo parlare di quella che bizzarramente I suoi autori chiamano  la quantum graphity. L’idea e’ quella di dimostrare che lo spazio-tempo e la gravita’  sono emerse da quella che loro chiamano la fase pre-geometrica.
Fotini Markopoulou, una ricercatrice dell’istituto Perimeter del Canada insieme ad altri colleghi, ha sviluppato questo modello, in cui si ipotizza che a scale molto piccole e ad energie estremamente elevate (condizioni confrontabili con quelle della nascita dell’universo) non esiste lo spazio. Tutto quello che esiste e’ una rete (network, grafo) astratta fatta di nodi connessi tra loro da archi (edges) governati dalle leggi della meccanica quantistica. In questo stato a causa dell’alta energia ogni nodo e’ in contatto con gli altri.
Esempio di grafo

In base alla meccanica quantistica, questa fase pre-geometrica non e’ potuta durare a lungo. Quando il primo universo comincio’ a raffreddarsi,  esso subi’ una transizione di fase simile a quella dei cristalli  che si formano quando l’acqua viene raffreddata.  Durante questa transizione di fase i nodi cominciano ad allontanarsi tra di loro, separati da una certa distanza e cristallizati in una struttura regolare come quella di un reticolo. Questa struttura rappresenta lo spazio alla scala quantistica che e’ alla base dello spazio continuo che noi percepiamo alle scale piu’ grandi.
 
Fase pregeometrica-Caldo             Tempo dopo con il raffreddamento
 
Markopoulou, pensa che la quantum graphity possa spiegare il problema dell’orizzonte cioe’ il fatto che nell’universo esistono delle regioni molto distanti tra loro che sono precisamente alla stessa temperatura. Questo richiede  che nel passato queste regioni siano state vicine tra loro in modo da riuscire a scambiare la radiazione e anche la temperatura. Ma se estrapoliamo le posizioni precedenti grazie alle velocita’ a cui queste regioni si stanno muovendo, si trova che queste regioni non sono mai state cosi vicine da potersi scambiare qualsiasi informazione. E’ proprio grazie a questo problema che Alan Guth ha sviluppato il suo modello inflazionario in cui l’universo ha attraversato una fase iniziale molto breve in cui c’e’ stata un’espansione ad una velocita’ maggiore di quella della luce.
Quindi la quantum graphity potenzialemente puo’ risolvere questo problema senza ricorrre all’inflazione. Se qualsiasi cosa fu in contatto con qualsiasi altra cosa durante la fase pre-geometrica, allora ci dovremmo aspettare di vedere delle similarita’ tra regioni distanti dell’universo. E’ chiaro che il modello ha bisogno ancora di parecchio lavoro prima di poter competere con quello inflazionario ma sembra comunque dare dei risultati gia’ interessanti secondo quanto riportato da James Quach dell’Universita’ di Melbourne e dal suo team.
Secondo quanto sviluppato da questo team usando appunto la quantum graphity, la nascita dell’Universo dovrebbe essere modellata non tanto con il famoso Big Bang, quanto con un Big freeze, come l’acqua quando passa da liquida a ghiaccio. Il team ha suggerito che studiando le crepe e le fessure comuni a tutti I cristalli dovrebbe rivoluzionare la nostra comprensione dell’universo.


Difetti presenti nell’acqua congelata
 
 
Pensiamo all’Universo iniziale come ad un liquido. Man mano che l’universo si raffredda esso si cristallizza in tre dimensioni spaziali e in una temporale che e’ quello che noi oggi osserviamo. Teorizzando l’universo in questo modo, quando esso si raffredda e’ normale aspettarsi la formazione di crepe nel reticolo cristallino allo stesso modo come si osserva nell’acqua congelata.  Alcuni di questi difetti potrebbero essere visibili e quindi provare la validita’ della quantum graphity.
La luce e altre particelle infatti, dovrebbero essere piegate o riflesse da questi difetti e percio’ in linea teorica noi dovremmo essere capace di osservare questi effetti. Nell’articolo pubblicato dal team vengono riportati I calcoli per alcuni di questi effetti e le previsioni sono sperimentalmente verificabili. Quindi l’annosa questione sulla natura dello spazio (continuo o particellare) potrebbe essere definitivamente risolta una volta per tutte.
Non ci resta che aspettare.

Come dovrebbero apparire i difetti del reticolo spazio-temporale riflettendo la luce

venerdì 24 agosto 2012

Extraterrestri e numeri primi

 

A parte gli ufologi sparsi per il mondo, nessuno sa realmente se siamo gli unici esseri intelligenti ad abitare l’Universo. Nell’ipotesi che cio’ fosse vero   come potremmo comunicare con queste civilta’ aliene?. Date le vaste distanze che regnano nell’Universo, l’unica possibilità per poter colloquiare con queste civiltà al di fuori del nostro sistema solare dovrebbero essere le onde radio. Ma quale lingua dovremmo utilizzare? L’Inglese che adesso e’ diventata la lingua universale sul nostro pianeta? Non credo che avremmo molto successo. E’ molto difficile, se non difficilissimo, che un altro essere intelligente dall’altra parte dell’Universo ci possa capire. E allora? Quale linguaggio dovremmo usare? Sicuramente un linguaggio universale che ogni civiltà ha dovuto sviluppare per avanzare il suo livello di conoscenza indipendentemente dalla sua posizione nel tempo.
Nel 1960, un matematico tedesco, Hans Freudenthal, suggeri’ di utilizzare un linguaggio chiamato Lincos. Si tratta di una sorta di lingua artificiale ottenuta mescolando il latino e il linguaggio della Logica. Ma come potete capire non si tratta di un linguaggio abbastanza trasparente.
Una decade dopo, l’astronomo americano Frank Drake, propose uno schema che coinvolgeva i numeri primi. Per capire meglio, facciamo un esempio, e supponiamo di aver ricevuto un messaggio dal cielo costituito da linee e punti come questo:

−−•−−−•−•−•−−−•−•−•−−−•−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−••−••−−•−•−•

e che tale messaggio si sia ripetuto più volte facendoci escludere la possibilità di essere semplicemente del rumore.
Cosa può significare una tale sequenza? Per prima cosa osserviamo che ci sono 55 simboli. E il numero 55 può essere fattorizzato come 5 x 11 o 11 x 5.
Questo ci suggerisce di posizionare i simboli all’interno di una matrice di 11 x 5. Ma questo non ci aiuta più di tanto visto che quello che compare sembra del semplice rumore.
 
 

Proviamo allora con una matrice 5 x 11. In questo caso otteniamo:
 


Questo adesso non sembra più del rumore. In alto infatti c’e’ un rombo, che sembra indicare che gli alieni vogliano attirare la nostra attenzione.
E i simboli in basso cosa rappresentano?
E’ chiaro che con solo 55 pixels non e’ facile scrivere un messaggio troppo lungo ne’ trasmettere immagini chiare. E’ possibile allora che gli alieni ci stanno indicando i numeri da 1 a 5 in forma binaria? Partendo dalla sinistra e dall’alto verso il basso per le ultime tre righe della matrice  e associando un 1 al punto e uno 0 ad una linea otteniamo: 001, 010, 011, 100, 101. Ma questi altro non sono che la rappresentazione dei numeri 1, 2, 3, 4, 5 in base binaria (in questa base anziché moltiplicare ogni cifra per potenze di dieci come facciamo nel nostro sistema decimale le cifre vanno moltiplicate per potenze di due. In questo sistema le cifre sono solo due 0 e 1).
E’ facile immaginare che usando un messaggio ripetitivo più lungo e’ possibile inviare messaggi più dettagliati e addirittura dei films. L’unica accortezza e’ quella di usare stringhe di lunghezza p x q, dove p e q sono dei numeri primi. In questo modo ci sono solo due diverse possibilità di rappresentare una matrice rettangolare.
In una novella,  di Carl Sagan, dal titolo Contatto e’ proprio questo il metodo che gli alieni scelgono di utilizzare per comunicare con noi terrestri.
Al momento, il progetto SETI (Search for ExtraTerrestrial Intelligence) sta cercando possibili messaggi dallo spazio, utilizzando l’aiuto degli internauti che mettono a disposizione della ricerca il loro computer per elaborare i tanti segnali radio che arrivano dall’Universo. Tante persone in ascolto dell’elegante musica dell’universo cercando di captare la possibile debole voce di qualche cantante extraplanetario. Fino ad oggi non e’ stato trovato nessun segnale significativo, ma possiamo certamente dire che la ricerca e’ cominciata solo da poco. Nel frattempo, abbiamo inviato qualche messaggio nello spazio nella speranza che possa essere raccolto da qualche civiltà extraterrestre? La risposta e’ si. Quando e’ stato inaugurato il telescopio di Arecibo a Porto Rico (vedi immagine inizio capitolo) , uno dei primi progetti e’ stato quello di spedire nel cielo un messaggio ripetitivo. Questo messaggio ha una lunghezza di 1679 simboli i cui fattori sono 23 x 73. Arrangiando i simboli in una matrice 23 x 73 dall’alto verso il basso si ottiene l’immagine riportata sotto.
 


Come va interpretato questo messaggio? Esso consiste di 7 parti che codificano le seguenti informazioni:
 

1. I numeri da 1 a 10

2. I numeri atomici degli elementi presenti nel nostro DNA

3. Le formule dello zucchero e delle basi presenti nel DNA

4. Il numero di nucleotidi presenti nel DNA e un grafico della sua doppia elica

5. La figura di un uomo, l’altezza media di una persona e la popolazione della Terra

6. Un grafico del sistema solare

7. Un grafico del radiotelescopio di Arecibo e le dimensioni dell’antenna

Vediamo queste sezioni in dettaglio. La prima rappresenta i primi 10 numeri in forma binaria. L’ultima riga in basso rappresenta l’inizio di ogni numero. I pixel bianchi vanno intesi come degli uno e quelli neri come degli zeri. Si legge sempre dall’alto verso il basso, colonna per colonna laddove indicato dall’ultima riga.
 
 
 
 
La seconda sezione, rappresentata sotto, riporta gli elementi del DNA.
 


 
Ancora col sistema binario, vengono rappresentati i numeri 1, 6, 7, 8 e 15. Questi sono i numeri atomici (numero di protoni di un atomo) dell’idrogeno (H), carbonio (C) , azoto (N), ossigeno (O) e fosforo (P), i componenti della molecola di DNA che e’ alla base della vita. Nella sezione sottostante, invece, vengono riportate le formule dei nucleotidi presenti nel DNA:

(C5OH7) (C5H4N5) (C5H5N2O2) (C5OH7)
(PO4) (PO4)
(C5OH7) (C4H4N3O) (C5H4N5O) (C5OH7)
(PO4) (PO4)

I nucleotidi vengono raffigurati come sequenze di 5 atomi che rappresentano la formula della molecola.



Per esempio, nel caso della formula C5OH7, questa viene rappresentata nella parte in alto a sinistra dell’immagine e si legge come:
 
 
Cioè 7 atomi di idrogeno, 5 atomi di carbonio, nessun atomo di azoto, 1 atomo di ossigeno e nessun atomo di fosforo. Subito dopo viene raffigurata la doppia elica del DNA come mostrato sotto.
 


Le due colonne bianche di pixel ancora una volta vanno interpretate come sequenze di 1 e 0 dall’alto verso il basso.

1111111111110111 1111101101011110 = 4.294.441.822 (in forma decimale)

ed indica il numero di nucleotidi. Nella sezione sottostante viene stilizzata una figura umana, sulla sua sinistra e’ riportata l’altezza media di una persona (1764 mm) ottenuta dal prodotto di 14 moltiplicato per la lunghezza d’onda del messaggio (126 mm) e sulla destra il numero di persone sulla Terra nel 1974 (circa 4.3 miliardi).



Subito dopo viene riportato il sistema solare dove noi viviamo. Viene riportato il sole e i pianeti in base alla loro distanza da esso: Mercurio, Venere, Terra, Marte, Giove, Saturno, Urano, Nettuno e Plutone. Per evidenziare la Terra, da cui e’ stato inviato il messaggio, essa e’ stata rappresentata spostata in alto rispetto agli altri pianeti e subito sopra c’e’ la stilizzazione della figura umana.



E’ poi la volta della bellissima immagine del Telescopio da cui e’stato inviato il messaggio. Nella parte sottostante del telescopio in bianco, viene riportato in notazione binaria la dimensione del telescopio (306,18 m)
 

A questo punto non ci resta che riportare il messaggio per intero  così come e’ stato inviato nello spazio. Ci risponderà mai nessuno? Credo che questa sia una domanda a cui difficilmente si potrà dare una risposta, almeno in tempi brevi.

Una cosa e’ certa: l’utilizzo dei numeri primi rende più semplici i messaggi da inviare nello spazio e allo stesso tempo piu’ difficili da decriptare quelli che viaggiano sulla Terra. E dire che fino a pochi anni fa, i numeri primi non erano altro che una semplice curiosità dei matematici.

 

 

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